
Dal nostro inviato GILBERTO SCALABRINI
Trevi (Pg), 2 maggio 2025 – Trevi non si annuncia con clamore. Si lascia scoprire.
Appare all’improvviso, arrampicata su un colle che guarda la Valle Umbra da un punto privilegiato, come una sentinella di pietra tra cielo e terra.
È un borgo che racconta l’Umbria più autentica, quella che si rivela nei dettagli, nei silenzi e nei profumi dell’aria.
La piazza del Comune è un autentico gioiello architettonico incastonato nel cuore del borgo, a circa 400 metri di altitudine. E’ dominata dal Municipio (costruito tra XIII e XIV secolo e poi rimaneggiato) e dalla Torre Civica che richiama l’autorità municipale e la storia repubblicana della città. Ci sono bar e ristoranti che invitano a sostare all’aperto.
I portici e le arcate creano un dialogo architettonico tra spazi pubblici e privati. I suoi vicoli medievali sono un intreccio ordinato di salite e curve che seguono l’antico impianto urbano romano e medievale.
Le case, costruite in pietra calcarea, sembrano scaturire dalla roccia stessa, con archi e passaggi che si rincorrono in un equilibrio perfetto.
A ogni angolo, il tempo rallenta: non è raro vedere un anziano seduto sulla soglia di casa, un gatto che dorme al sole, il portone socchiuso di un palazzo nobiliare del ‘500.
Trevi ha saputo conservare con intelligenza la sua identità storica. Il centro storico, ben restaurato, è un museo a cielo aperto: dalla chiesa di Sant’Emiliano, con la sua facciata romanica, al complesso di San Francesco, oggi sede di un museo che custodisce opere d’arte, manoscritti e testimonianze del territorio.
Fra il dedalo dei vicoli incontriamo anche l’ex presidente della Pro Loco, Feliciano Spellani. “Ai turisti che girano per il nostro borgo – dice dall’alto della sua cultura ed esperienza – consegno la cartina con le informazioni del borgo e li informo che accanto alla targhe dei palazzi c’è anche il codice QR dal quale possono apprendere notizie importanti”.
Ma l’anima di Trevi si estende anche fuori le mura, in una campagna che è più che un paesaggio: è una cultura. Gli oliveti che avvolgono il borgo sono tra i più celebri d’Italia.
Secolari (come quello di sant’Emiliano), ordinati, a tratti selvaggi, rappresentano un patrimonio agrario e culturale riconosciuto anche dall’UNESCO come parte del paesaggio olivicolo mediterraneo.
Qui si produce un olio extravergine di oliva di altissima qualità, protagonista di fiere, degustazioni, rassegne gastronomiche.
Il legame tra Trevi e l’ulivo non è solo produttivo, è anche simbolico. Ogni anno, in autunno, il borgo celebra la sua identità con manifestazioni come Festivol, che coniuga agricoltura, arte, musica. cultura e papille. È in questi momenti che il paese si anima, accogliendo visitatori da tutta Italia, ma senza perdere la sua discrezione.
Trevi non è un luogo da visitare frettolosamente. Va ascoltata, camminata, respirata. È un esempio riuscito di come un piccolo comune possa valorizzare il suo patrimonio senza snaturarsi, restando fedele a sé stesso.
Una bellezza sobria, che non ha bisogno di effetti speciali per farsi ricordare.
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