
di GILBERTO SCALABRINI
Perugia, 3 maggio 2025 – Se n’è andato in silenzio, come chi ha già detto tutto. Alle 6:30 di questa mattina si è spento padre Martino Siciliani, ultimo benedettino dell’Abbazia di San Pietro a Perugia, anima e mente dell’Osservatorio sismologico “Andrea Bina”, che ha diretto per oltre cinquant’anni. Avrebbe compiuto 87 anni a luglio. Ha combattuto fino all’ultimo contro una malattia che non gli ha mai tolto il sorriso né la voglia di spiegare i misteri del sottosuolo. (Nella foto, padre Martino con il giornalista Gilberto Scalabrini nell’osservatorio “Bina” di Perugia)
Scienziato, sacerdote, divulgatore, umorista: padre Martino era tutto questo e molto di più. Con tre lauree in tasca e una cultura enciclopedica, riusciva a rendere accessibile anche il più intricato dei grafici sismici. «Questa è la voce della Terra», diceva con ironia, osservando i sismografi nascosti sotto l’antica abbazia. Per lui il terremoto non era solo un fenomeno fisico, ma un linguaggio da interpretare con umiltà e rigore.
I funerali si terranno lunedì, alle ore 11, nella chiesa di San Pietro. Sarà sepolto nella cappella dei Monaci, a Perugia. Lì dove per anni ha custodito una tradizione millenaria di studio e fede.
Dopo il devastante sisma del 1997 in Umbria e Marche, non esitò a scendere in campo anche fisicamente: faceva parte del Nucleo Volontari a cavallo della Scuola Ippica di Foligno, della quale era anche guida spirituale. Un’anima generosa e instancabile, che definiva “collega” chiunque si impegnasse nella prevenzione dei disastri, anche chi, come l’autore di queste righe, vantava solo una laurea breve da Disaster Manager.

Negli ultimi mesi aveva voluto passare il testimone del suo amato osservatorio al geologo Michele Arcaleni, assicurando così continuità alla ricerca. Un gesto lucido e simbolico, com’era nel suo stile.
Intervistato più volte dopo il terremoto del 2016 in Valnerina, padre Martino non si tirava mai indietro quando si trattava di chiarire le tante curiosità del pubblico. Alla domanda sul crollo della Basilica di San Benedetto a Norcia, rispose con una lezione d’ingegneria antica: «Ha resistito la facciata – spiegava – grazie alle “lanterne”, pietre chiave a forma di cuneo che tengono insieme la struttura. Quelle pietre sono chiodi di pietra, pesano quintali. Altro che scenografia di tubi metallici, quella è stata una vergogna!».
E il misterioso Radon? «Nella galleria di Eggi non ci sono picchi preoccupanti – chiariva – e nessuna galleria è mai crollata per un sisma. Ma quando vedo deformazioni crostali come quelle del Monte Vettore, allora sì, qualche campanello suona».
Sulla prevedibilità dei terremoti restava cauto ma fiducioso: «Non è ancora possibile, ma ci sono segnali importanti: la deformazione crostale, le tempeste magnetiche, l’emanazione di gas, i pozzi che si seccano. E poi c’è la storia: la memoria dei luoghi è il nostro primo sismografo».
Padre Martino lascia un vuoto profondo, ma anche un’eredità scientifica e umana di inestimabile valore. Un uomo capace di indagare le profondità della Terra con la stessa passione con cui parlava all’anima di chi gli stava accanto.
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