Dal nostro inviato GILBERTO SCALABRINI

Montefalco, 23 mag. 2025 – Entrando da porta Sant’Agostino, il principale ingresso di Montefalco, c’è un laboratorio che sa di tempo e di mani: è la bottega artigiana de El Quero.

Sotto le volte a mattoncino, il laboratorio è un piccolo scrigno di storie, profumi e memoria viva.

A guidarlo, con grazia e tenacia, c’è Monica Perugini, una donna che ha trasformato il dolore in arte e l’eredità di un amore in mestiere quotidiano.

Lungo corso Mameli, tra le mura che odorano di cuoio e fatica, si apre la porta del suo mondo: borse, borselli, cinture modellati a mano, senza l’uso di macchine industriali, fatta eccezione per un torchietto da occhielli.

Tutto nasce qui, al bancone dove Monica lavora con grembiule bianco e occhi luminosi. È lei l’anima del laboratorio, una delle poche donne a condurre una bottega artigiana in un settore ancora dominato dagli uomini.

«Questa bottega l’ha aperta mio marito», racconta con un sorriso che custodisce nostalgia e orgoglio. «Dopo vent’anni nella ceramica, sognava qualcosa di speciale. Il cuoio era il suo rifugio creativo, i cartamodelli li disegnava da sé. Io lo spronavo, lo sostenevo. Sergio era geniale, anche se non lo ammetteva mai».

Il successo arriva subito, grazie anche alle dimostrazioni dal vivo nelle fiere italiane di Sergio Calzuola. Poi, la malattia spezza l’incanto. Sei lunghi anni di calvario. Monica non si arrende. Osserva, impara, ripete i gesti del marito.

«I primi lavori erano storti, ma lui mi diceva: “Per le borse devi reinventare tu  i buchi delle cuciture, dandogli un dritto e rovescio per non sbagliare”. Alla fine ho trovato il mio stile».

E che stile. Oggi Monica seleziona i pellami con uno sguardo tutto femminile, raffinato e personale.

«Sergio mi faceva i complimenti: “L’allieva ha superato il maestro!”» sorride. Eppure, il nome della bottega è ancora il suo. «Forse non lo cambierò mai…»

Ogni giorno Monica parte da Deruta, dove vive in una casa con una delle fornaci più antiche del paese.

I suoi genitori erano gelatai, non ceramisti. È il marito ad avvicinarla all’arte.

«Con lui ho scoperto me stessa. Ho restaurato ceramiche antiche, dipinto, reinventato. Forse ho dei geni naturali».

Parlando poi di Montefalco, dice che questo luogo merita di più.

«Ci sono accoglienza, buona cucina e i capolavori di Benozzo Gozzoli. Ma mancano eventi culturali durante l’anno. Forse è questione di risorse economiche. Peccato!»

Per fortuna resta la bellezza, quella che si respira tra le colline e si beve in un bicchiere di Sagrantino.

«Un vino antico e divino», lo definisce Monica. Come le mani che ogni giorno, tra queste mura, restituiscono forma e poesia al cuoio.

 

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