Intervista a Ezio Bordicchia, l’ultimo contadino di città: “Il mercato? Non basta più crederci, servono idee e coraggio”

Dal nostro inviato GILBERTO SCALABRINI

Foligno, 11 Giu. 2025 – C’era una volta il mercato contadino. Un angolo pulsante di vita nel cuore di Foligno,  piazza del Grano – un nome per l’epicentro di storia quotidiana. Ogni mattina, tranne la domenica e i giorni di festa, la città si trasformava in un mosaico rurale: carretti cigolanti carichi di frutta e verdura fresca, trainati da contadini che arrivavano dalla campagna con le mani screpolate, le scarpe sporche di terra e il cuore pieno di speranza. Tutto rigorosamente a chilometro zero, genuino, di stagione.

Alle otto, la piazza era già un brulicare di voci e colori. Le massaie, con la lista della spesa cucita nella testa, scrutavano ortaggi e frutti con occhi esperti. I contadini, tra una battuta e un sorriso, provavano a darsi un tono parlando con il “signorotto” venuto in cerca del meglio per la sua tavola. Intorno, un chiacchiericcio allegro, fitto, che si allargava come un’onda lungo via Gramsci.

Il mercato non era solo compravendita. Era il giornale del popolo, il social network ante litteram. Le notizie – vere, inventate o esagerate – si rincorrevano di banco in banco, portate dalle bocche delle donne e raccolte la sera prima dai mariti nelle osterie, tra un bicchiere di rosso e una briscola. E poi i curiosi, i perdigiorno, i giovanotti in cerca d’occhi da incrociare e sorrisi da inseguire.

Oggi quel mondo è un’eco. Poche bancarelle, tre o quattro, sfidano ogni giorno il silenzio e l’indifferenza sotto le fredde e brutte pensiline installate dopo il sisma del 1998 (che hanno modificato gli spazi e rovinato la bellezza della piazza e usate la sera per la movida). La piazza, una volta viva come un campo in piena estate, ora appare smunta, svuotata, come in attesa di un addio.

Eppure, c’è chi resiste. Contadini non più giovani, ma ancora tenacemente convinti che la terra abbia un’anima e che l’economia possa avere un volto umano. I loro prodotti sono piccoli miracoli di dedizione, custodi di una cultura che non vuole morire.

A tenerla viva – e a darle voce – ci pensa chi non ha mai smesso di crederci. Come Ezio Bordicchia, storico volto del mercato contadino, pensionato, ex amministratore, ma soprattutto uomo della terra.

«Una volta qui si veniva per risparmiare dieci lire – racconta con tono fermo – oggi si cerca la qualità, sì, ma il mercato contadino non è più quello di un tempo».

Le sue parole hanno il sapore agrodolce della nostalgia, ma anche della consapevolezza. «I supermercati hanno cambiato tutto, ma la vera crisi è arrivata quando nessuna amministrazione ha saputo difendere questa piazza. Ho visto banchi sparsi ovunque, disorientando i clienti. E nessuno – né Marini, né Salari, né Mismetti, né l’assessore Giuliani – ha mai raccolto i nostri appelli».

E lui, di appelli, ne ha lanciati tanti. Anche a Mismetti, suo amico, aveva proposto un bando pubblico per organizzare le presenze settimanali: «Verdure certo, ma anche pesce, formaggi, merceria. Un mercato vero, completo».

Ma oggi, c’è spazio per i giovani in agricoltura? Ezio scuote la testa: «La burocrazia li soffoca. Qualcuno ci prova, ma poi molla. Eppure con una bancarella ben pensata si può mantenere una famiglia. Basta crederci e avere gli strumenti giusti».

Il futuro, però, non promette bene: «Si restringe l’uso di concimi e anticrittogamici, eppure alcuni sono sicuri, se usati con criterio. Io non credo nel biologico: è una moda, non una garanzia. Coltivo secondo le tradizioni di famiglia. Ci sono piante, come le insalate, che senza trattamenti non crescono. Il clima è cambiato, non nevica più, e gli insetti fanno festa. Le cimici, a settembre, invadono i pomodori proprio quando sono più buoni».

Parla con passione, ma anche con pragmatismo: «Non si può fare agricoltura tra divieti e burocrazia. Serve formazione, corsi seri per gli agricoltori. Ai miei tempi bastava il verderame, oggi per comprare una bordolese serve un tesserino. Troppo. I contadini vanno aiutati, non puniti».

E la cultura alimentare? «Oggi si cercano più fibre e meno carboidrati. Verdure e cereali sono al centro. Ma senza la terra, quella vera, rischiamo che tutto questo resti solo una moda».

 

 

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