di GABRIELE METELLI

Foligno, 11 sett. 2025 – Le manifestazioni equestri a Foligno, che nel Quattrocento avevano incontrato largo consenso, si affermeranno ancora di più nei due secoli seguenti, principalmente le corse dei barberi, dei cavalli, e delle cavalle, ma anche degli asini.

I cavalli da corsa nel basso medioevo erano chiamati cursores; i migliori provenivano dalla Barberia, cioè il paese dei Berberi. Si tratta di svaghi fortemente radicati nell’immaginario collettivo, ma i cittadini di bassa condizione sociale si sentivano emarginati dalla classe dominante, di conseguenza in tempo di carnevale davano libero sfogo ai più volgari istinti, abbandonandosi ad ogni eccesso.

I berberi possono definirsi cavalli scossi o sciolti, cioè senza cavaliere, ma nel Settecento si parteciperà alle corse indifferentemente con o senza fantino.

Per quanto attiene ai luoghi di svolgimento delle gare, il tragitto tradizionale dei corsieri è quello che collega, oggi come allora, Sant’Eraclio al centro della città; per questo in una riformanza del 20 gennaio 1564 si raccomanda «aptationem vie S.ti Eurachii per quam currunt barbari ad bravium», ma in seguito il percorso cambierà più volte, come lascia intendere una apodissa (scrittura privata) del 25 dicembre 1566: «se volete vedere una bella carriera, son di parere che li cavalli o barbari si movano al castello di Santo Racchio, cioè dalla porta in ver Foligno et S.to Piero la benedica.

Et facendo questo vederite tutti cavalli venire in Foligno, et non al padulo a Madonna et alle Sterpeta».

Nel corso degli spettacoli patronali Foligno assume l’aspetto di una città cosmopolita: cavalli, proprietari e fantini giungono da diverse città delle Marche, invitati dalla locale magistratura priorale con missive manoscritte, ma anche con bandi a stampa a partire dalla seconda metà del Seicento.

Una così nutrita partecipazione di cavalli forestieri, se da un lato costituisce un motivo di orgoglio per la città ospitante, dall’altro non può non provocare accese controversie soprattutto per ragioni di rivalità e di campanilismo. Si tratta di contestazioni che si risolvono spesso con la ripetizione della corsa, come risulta da diversi interessanti episodi.

Il 10 febbraio 1552, ad esempio, Battista Leni di Ascoli Piceno invia al comune di Foligno una cortese ma allo stesso tempo sentita rimostranza, accennando a un qualche scherzo di cattivo gusto commesso nei suoi confronti da una persona mascherata.

In molti casi i motivi del contendere sono da attribuire alle partenze (mosse) irregolari, come si apprende da una vertenza sorta tra Renzo Cocchi di Viterbo e Pannunzio Petromalo di Visso, «occasione bravii equorum», del gennaio 1554.

Per ovviare a questi inconvenienti  il 25 febbraio 1610 i priori comunali disporranno che le mosse «sien ben date canto delli barberi, cavalli e somari […]. Et quelli barbari, cavalli e somari si lasciaranno o scapparanno prima del suono della tromba, non siano intesi sotto qual si voglia pretesto».

(Tratto dalla rivista ECO – speciale Quintana –  in distribuzione gratuita c/o IAT a porta Romana, Biblioteca Comunale, Foto stidio Mazzocco in via Mazzini)

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