Intervista a cura di PIA FANCIULLI
Foligno, 11 giugno 2024 – Se la ride Simone Agostini (nella foto) quando gli chiedo se c’è qualcosa, un momento, un evento, che vorrebbe cambiare o eliminare dal ricco calendario della Quintana. (Foto di Gabriele Cirocchi)
Per lui, architetto, trentaquattro anni, dal 2023 Magistrato responsabile delle Commissione Artistica dell’Ente Giostra Quintana, è quasi eresia pensare all’eliminazione di qualcosa dal ricco patrimonio di una Giostra che nel 2026 celebrerà gli ottanta anni dalla prima, indimenticabile, edizione.
Anzi, proprio con lui sono tornati nel programma, dopo qualche anno di assenza, appuntamenti di straordinaria spettacolarità, Cena Grande, Gareggiare dei Convivi e Fiera dei Soprastanti.
Ne va fiero. E ne parla con un entusiasmo contagioso, anche perché a Palazzo Candiotti, nella stanza dei bottoni della manifestazione, è approdato dal rione Badia già dieci anni fa, pronto a mettere cuore e testa al servizio della grande festa della città.
Simone, dalla vita di Rione al timone dei grandi eventi della Quintana, compreso il maestoso Corteo Storico. Una bella sfida. Come è andata?
È andata che ho fatto la gavetta. A sedici sono entrato nel Badia, da popolano. Poi la prima grande emozione è arrivata quando ho indossato il costume da armigero per il Gareggiare dei Convivi. Lo ricordo benissimo, così come ho ancora vivissima la gioia che mi prendeva quando piccolissimo mi portavano a vedere il Corteo, i cavalli, i costumi, mi affascinavano, era un mondo straordinario che si svelava ai miei occhi.
E quella passione mi è rimasta dentro. Al punto che appena arrivato al Rione ho subito fatto parte della commissione artistica. Organizzazione del Corteo, Gareggiare dei Convivi, scenografie e allestimenti. Mi piaceva progettare, ideare, ma anche realizzare. Un entusiasmo che poi si è trasformato in studio e professione. Credo che la mia esperienza al Rione abbia avuto una sua parte nelle mie scelte successive. Ecco questo è un aspetto a cui tengo, i Rioni quale luogo dove emergono talenti e inclinazioni.
Già perché lei è un architetto. Questo l’aiuta?
L’attitudine alla progettazione può essere un vantaggio. Ma credo che l’esperienza sul campo sia quello che più conta. All’Ente Giostra Quintana sono entrato dieci anni fa con la Commissione guidata da Stefano Trabalza e poi da Luca Radi. Sono stati maestri importanti. Perché dalle stanze di quel Palazzo la visione della festa cambia completamente. Bisogna lavorare per tutti, fare il bene comune, ascoltare la città in un dialogo che non deve interrompersi mai.
Se poi si diventa Responsabile di quella Commissione?
L’approccio cambia ancora. Vi è un’ulteriore presa di coscienza. Diventare magistrato vuol dire operare a tutto campo. C’è la progettazione certo, ma poi ci sono la realizzazione, il coordinamento, l’organizzazione. Quando mi è giunta la proposta non dico che è stato uno shock, ma quasi. È vero, venivo da varie esperienze, ma insomma la responsabilità era grande. Anche perché si è in contatto con le dieci commissioni artistiche dei Rioni, lavorare insieme è bellissimo, ma non è facile raccordare tutti. Ma soprattutto devi metterti al servizio dell’ascolto. In quelle commissioni ci sono rionali che hanno sulle spalle anni e anni di lavoro quintanaro, molti più di quanti non ne abbia io. Fondamentale ascoltarli.
Ma veniamo alla Giostra, alle due edizioni 2024. Lo scorso anno ha esordito nel segno della continuità andando – con successo – a riattivare eventi interrotti da qualche anno. Sarà ancora così?
Sì, lo scorso anno mi sono fatto guidare dalla parola “continuità”. Ho esordito in quel segno andando a valorizzare il ricco e straordinario patrimonio di quello che avevamo, per vari motivi – tra cui la pandemia -, messo in archivio. E questo è il mio faro ancora oggi. Con la Commissione artistica abbiamo deciso di consolidare la ripresa cercando di mettere a punto una macchina perfetta, di superare le piccole criticità che comunque si affacciano.
E sono tornati nella scorsa edizione la Cena Grande, il Gareggiare dei convivi, la Fiera dei Soprastanti. Ci vado con i piedi di piombo perché tocchiamo appuntamenti che fanno parte della storia quintanara. Anche per il Corteo, momento sempre attesissimo, stiamo lavorando a nuovi gruppi allegorici, ma sempre stravolgere nulla. Non bisogna mai dare niente per scontato. Senza dimenticare, come mai si stanca di ricordarci il presidente Domenico Metelli, che nel 2026 la Giostra della Quintana giungerà al traguardo degli ottanta anni. E ci stiamo già lavorando.
Anticipazioni? Girano nell’aria voci di una Giostra celebrativa a febbraio in piazza della Repubblica. Proprio come quella del 1613.
È una delle ipotesi. Di questa Giostra riproposta già anni fa ho visto fotografie, ho sentito racconti. Certo, l’idea mi entusiasma, non solo perché sarebbe uno spettacolo straordinario, ma perché la rievocazione raggiungerebbe la sua più profonda verità storica.
Veniamo ora al Simone Agostini quintanaro. Quale momento le fa battere forte il cuore.
Mi emoziona tantissimo il cerimoniale in Piazza alla fine del Corteo. Lo ritengo un momento unico. E poi l’ingresso al Campo de li Giochi che ho vissuto da rionale e sto vivendo ora da magistrato. Mi mozza il fiato. Vivo con tutti i sensi quell’atmosfera di festa, ma anche di attesa, il tifo dei rioni, l’energia e la tensione. Fino allo spettacolo dei tamburini che suonano all’unisono. Mi restano negli occhi e nel cuore per un intero anno.
Ma è vero che va a Palazzo Candiotti tuti i giorni?
Proprio così. Esco dal lavoro e salgo quelle scale. Ci sono gli incontri con la Commissione Scientifica, i direttivi, i progetti, le riunioni. Ma soprattutto quel Palazzo è diventato in tutti questi anni un punto di incontro, sono nate vere amicizie. Fa parte delle mie giornate. E della mia vita.
(tratto dalla Rivista ECO)
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