Dal nostro inviato GILBERTO SCALABRINI
Foto di Lucia Smurra
Rocca Sant’Angelo (Assisi), 5 marzo 2024 – «Paesello perso fra i monti umbri», così lo descriveva nel suo viaggio in Italia, all’inizio del ‘900, il poeta e scrittore danese Giovanni Joergensen, mentre lo studioso di storia francescana, Edouard Schneider, si spinge ancora più lontano definendo Rocca Sant’Angelo “luogo celestiale”.
E’ vero, verissimo! Lontano dagli stereotipi, questo paese-castello medievale sembra aver fermato il tempo per rendere omaggio alla parte più incontaminata della Regione, conservando la sua maestosa e affascinante bellezza.
Rocca Sant’Angelo, conosciuta anche come Rocchicciola, è un autentico tesoro di notevole valore storico. Il borgo si erge silente, trasportando il visitatore in un’atmosfera da fiaba.
Ha due porte d’accesso: una rivolta verso il monte e l’altra, attraverso un arco a tutto tondo, a valle. Noi siamo entrati da quest’ultima e la struttura urbana ci è subito venuta incontro con tutto il suo notevole interesse architettonico.
Completamente restaurato dopo il terremoto del 1997, il castello mantiene intatta la sua aura di presepe, con pochi residenti stabili che abitano le pittoresche case; tutto attorno sorgono villini e abitazioni rurali immerse nell’atmosfera mistica che avvolge questa terra francescana.
Poco distante da Assisi, Rocca Sant’Angelo si trova posizionata sulle colline che seguono il corso del fiume Chiascio. In passato, era una fortezza eretta a difesa del territorio; oggi, si presenta come un luogo da favola, immerso in un paesaggio incontaminato, circondato da boschi e distese argentee di olivi, dove il profumo vigoroso e pungente dell’erba appena tagliata o quello del muschio dopo una pioggia, riescono a rigenerare tutti, in special modo coloro che “fuggono” dalle frenetiche e farraginose città.
Insomma, una vera terra di felicità, un autentico e raro tesoro sospeso fra cielo e terra che merita di essere visitati. Nel silenzio e nell’incantesimo del suo scenario da cartolina, Rocca Sant’Angelo si presenta dentro le sue mura con una pittoresca chiesetta dagli affreschi votivi del XIV-XVI sec, rimasti ai margini dei circuiti turistici ma molto attrattivi. Attigua alla chiesa una grande struttura dove vive una comunità religiosa Adveniat S. Maria in Arce.
Nel convento dimorano tre suore francescane, seguaci di un proprio statuto di diritto diocesano, subordinato all’autorità del vescovo di Assisi. La loro connessione con i frati minori conventuali è sottolineata dal fatto che il complesso fa parte della custodia del Sacro Convento.
Facciamo una piacevole chiacchierata con sorella Rita che ci invita gentilmente a non scattare foto alla sua persona E’ originaria di Bolzano e, prima di abbracciare la vita religiosa, svolgeva l’incarico di ragioniera presso un’azienda.
«La nostra vocazione – esordisce – è vivere sotto la guida dello Spirito, con un cuore umile che accoglie tutto da Dio. Desideriamo vivere la nostra consacrazione al Signore con semplicità e modestia, lasciando che lo Spirito ci guidi nella sequela di Gesù, secondo l’ispirazione evangelica di Francesco e Chiara d’Assisi».
Sul tema dell’accoglienza, spiega: «Certamente accogliamo, ma la nostra ospitalità non segue un modello alberghiero. Noi viviamo alla provvidenza e quindi accettiamo libere offerte. La nostra casa permette a persone esterne di sperimentare la nostra vita per un giorno o due, invitandole a condividere la preghiera e la routine della fraternità, seguendo gli orari e le attività delle suore».
Sulla condivisione, sottolinea: «L’accoglienza deve essere vissuta con uno spirito fraterno e condiviso, secondo lo stile francescano, nella semplicità e nella gioiosa fraternità, perché insieme possiamo sperimentare l’Amore di Dio».
Raccontando un aneddoto, sorride e narra di un pellegrino partito da Mont Saint-Michel in Francia e diretto a Monte Sant’Angelo in Puglia. Fu ospitato durante una notte piovosa. L’uomo aveva il desiderio di vedere la chiesa, dove c’è un grande affresco raffigurante San Michele Arcangelo.
«All’inizio abbiamo cercato per lui una sistemazione diversa nella zona ma, non trovandola, lo abbiamo accolto. Era autosufficiente: nello zaino aveva il pranzo e la cena. Il giorno dopo, prima di riprendere il cammino ci ha detto che avrebbe scritto le memorie del suo “viaggio”, citando anche noi per la gentile accoglienza».
Sul far della sera, mentre giriamo ancora per il dedalo delle sue viuzze, l’ombra fievole sui muri ci segue tra le case; un gatto appisolato sopra un’auto si sveglia e si dilegua; all’orizzonte il filo sottile dei monti circostanti sembra sollevarsi all’altezza della nostra felicità.
Il castello di Rocca Sant’Angelo è intriso di storia millenaria. Scalinate, vie, viuzze, piazzette e cortili interni ti permettono di toccare con mano le pietre che testimoniano il medioevo.
Se chiudi gli occhi puoi intravedere l’amanuense intento a scrivere con penna, calamaio e inchiostro, in caratteri gotici; percepire il fragore delle armi, gli elmi e le corazze, il tambureggiare degli zoccoli dei cavalli. Quando era avamposto militare per la difesa di Assisi, c’erano soldati accampati sotto le mura o sulle torri, in continua attesa dell’inevitabile scontro con il nemico.
Nel 1479, dopo le devastazioni causate da Francesco Piccinino, un soldato di ventura al soldo dei Perugini, il castello subì consistenti lavori di restauro e fortificazione, aggiungendo un nuovo torrione all’interno della struttura originaria.
Oggi si respira l’atmosfera tranquilla di un borgo collinare, ricco di suggestioni.
Nella piazzetta fuori le mura c’è il vivace circolo sociale gestito dalla Pro Loco. E’ un luogo di aggregazione.
Entrando, troviamo uomini che giocano a carte, altri che parlano tra di loro senza mai alzare la voce.
Il gestore del bar ci dice: «Venga a trovarci in Agosto, organizziamo sempre tante feste».
La conferma di una forte aggregazione sociale tra i residenti viene dal Presidente della Pro Loco, Moreno Sgaragli: «Facciamo festa non solo nel mese di agosto, ma anche durante l’anno.
Dopo il periodo del Covid abbiamo ripreso la nostre relazioni e belle tradizioni. Festeggiamo spesso tutti insieme anche i compleanni o altri eventi che ci tengono uniti, come se il paese fosse una famiglia.
Durante l’estate utilizziamo lo spazio all’aperto a ridosso delle mura, mentre nel periodo invernale è giocoforza servirsi della struttura prefabbricata che è stata installata dopo il terremoto del 1984. Da allora sono passati 40 anni e adesso, con l’aiuto della Amministrazione comunale, speriamo di sostituirla con una costruzione nuova.
l progetto è già al vaglio della Sopraintendenza. La nuova costruzione sarà in rame e vetro e consentirà la veduta panoramica della valle dall’alto. L’architetto che ha firmato il progetto è Giulia Anastasi dello studio Fabio Cavalagli».
Infine, Sgaragli conclude fornendo il dato sul numero di abitanti stanziali nel castello: sono in totale undici, mentre nel circondario circa 200.
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